lunedì 26 dicembre 2011

La Lega Pro chiede ai club di organizzarsi come aziende



Francesco Ghirelli
Francesco Ghirelli

Riportiamo l'interessante intervista di SponsorNet.it al Direttore Generale della Lega Pro


Circa un anno fa Francesco Ghirelli, allora neo Direttore Generale della Lega Pro, nella nostra precedente intervista, partendo da un'analisi della situazione di quel momento, illustrò gli obiettivi del suo programma. Allora la Lega Pro si trovava in piena bufera organizzativa ed in crisi di credibilità. Molti club erano in forte difficoltà finanziaria, che ha portato poi al loro fallimento; abbiamo poi scoperto che varie partite erano oggetto di contraffazione del risultato sportivo e vi era ancora la presenza di giocatori non proprio giovani che contribuivano alla presenza di costi più elevati. A distanza di questo tempo possiamo dire che varie scelte e decisioni sono state prese, dal consigliare e istituire alcune figure, sia del settore amministrativo che del marketing e comunicazione, in tutti i Club di Prima e Seconda Divisione; all'accordo stipulato con l'agenzia Sport Radar per combattere la crescita del fenomeno delle scommesse clandestine; fino a convincere i presidenti dei vari club dell'importanza di gestire quest'ultimi come se fossero aziende. 
In questa intervista riportiamo i propositi della dirigenza della Lega Pro, in attesa di vedere come reagiranno i club.


Quando ci siamo incontrati qualche mese fa, era da poco subentrato e stava pianificando le sue attività di riorganizzazione della Lega Pro. Ora è in piena attività ed è coinvolto direttamente su due fronti: quello relativo alla regolamentazione, e quindi all'applicazione delle norme da parte dei club e l'altro relativo alla progettazione del futuro della nuova Lega . A che punto è la riforma dei campionati?

La Lega Pro da molto tempo è attenta alla questione della riforma. In questi ultimi mesi ha acquistato ulteriore valenza a causa della crisi economica che ha colpito il mondo intero e che ha avuto un riflesso inevitabile sul calcio italiano, obbligandoci a lavorare in modo tale che ci possa essere un campionato che abbia un equilibrio economico-finanziario, con una conseguente diminuzione del numero delle società. Noi, in questo campionato, abbiamo ridotto già di un girone la seconda divisione, passando da cinque gironi a quattro nell'intero campionato. Il nostro obiettivo è quello di arrivare al più presto a sessanta squadre in totale, suddivise in tre gironi da venti ciascuno. 

Quali sono i punti saldi di questa riforma?
La riforma si basa sostanzialmente sull'equilibrio economico- finanziario delle società. Bisogna che quest'ultime siano capaci di far fronte alle norme fondamentali, e cioè pagare gli emolumenti ai tesserati, dotarsi di una struttura sportiva adeguata, e avere un'organizzazione aziendale. Un altro elemento fondamentale è che la Lega Pro si caratterizzi come la Lega dei giovani, che sia, quindi, il vivaio del calcio italiano, sia per i club che per le nazionali. Se un ragazzo a 23 anni non ha sfondato in un campionato diverso dalla Lega Pro bisogna che inizi a pensare a lavorare o a studiare per crearsi un profilo e a giocare a calcio, per mero divertimento. 

Principio che diventa regola. 
Esatto, una delle nostre regole è che i 16 milioni di contributi, che ogni anno la Lega Pro riceve dalla Federcalcio, siano destinati a quei club che impiegano un certo numero di giovani calcolando i minuti che giocano nel campionato. Su questo punto c'è una grande resistenza dell'AIC che spinge per una deregulation per noi impraticabile. L'Associazione Italiana Calciatori vorrebbe che venissero dati i contributi federali a qualunque club facesse giocare anche solo un giovane. Ciò è tecnicamente la negazione della Lega Pro come Lega di un calcio dei giovani. Ci vuole un numero adeguato che dimostri in campo fortemente questa scelta. 

Lei ha accennato all'importanza per i club di dotarsi di una struttura aziendale, quindi che abbia sia la dimensione dell'area sportiva sia dell'area corporate. Anche il suo collega Paolo Bedin ci ricorda che in Serie B hanno adottato formalmente nell'organigramma la presenza di funzioni quali quella dell'addetto alla comunicazione e al marketing: qual è il vostro orientamento?
Le nostre società si stanno organizzando secondo criteri di efficienza ed efficacia.C'è bisogno del settore amministrativo, del marketing, della comunicazione, nel corso di questi mesi sono stati fatti dei passi notevoli. Infatti, in tutte le settantasette società della Lega Pro, c'è la presenza di un responsabile della comunicazione che consente un lavoro veramente significativo, ma anche dal punto di vista del marketing si stanno strutturando. Un ulteriore passo in avanti sarà far comprendere alla parte sportiva quanto sia importante la comunicazione e il marketing e viceversa, in modo tale che si integrino e lavorino in team. 

Pensate di imporre ciò attraverso una norma o diventerà una consuetudine all'interno delle società?
C'è già una serie di norme che rendono alcune figure obbligatorie. Insieme a ciò, dobbiamo sempre più strutturare la Lega come erogatrice di servizi di qualità e, all'interno di ciò l'area strategica è la formazione per creare le figure che consentono alle società di poter crescere. 

Recentemente avete firmato un accordo con l'agenzia Sport Radar a causa della crescita del fenomeno delle scommesse clandestine. Che situazione avete trovato?
Quando si affronta il discorso delle azioni criminali che cercano di contraffare il risultato sportivo, bisogna partire da un elemento chiave, e cioè che nell'ultimo anno e mezzo è cambiato completamente il panorama. Mentre prima la contraffazione del risultato si verificava con incontri tra i protagonisti vicino allo stadio oppure nel tunnel degli spogliatoi, in genere nell'intervallo della partita, ora, invece, la contraffazione del risultato avviene sui mercati internazionali, soprattutto in Asia, attraverso le tecnologie informatiche più avanzate. Il problema è che se coloro che si avvicinano al calcio pensano che il risultato possa essere deciso non dai ragazzi che giocano ma da un'entità esterna, il calcio rischia di morire. 

Che misure avete adottato per sconfiggere questo problema?
Abbiamo messo in campo due azioni. La prima ha a che fare col codice etico, cioè una serie di valori per alzare una barriera contro questo degrado complessivo, mettendo in evidenza che esiste un limite. La seconda azione riguarda il bisogno di rispondere all'attacco tecnologico, e proprio da ciò nasce l'accordo con Sportradar, la società a livello internazionale più specializzata e moderna, con sistemi avanzati nella lotta alla contraffazione. È la società che consente di sapere in tempo reale che cosa stia avvenendo, in modo tale che noi possiamo compiere un'azione di prevenzione dal punto di vista dell'informazione e del rapporto con le società sportive. Nel caso in cui Sportradar trovi qualcosa di anomalo, tutti i dati raccolti vengono trasferiti, in accordo con il Ministero degli Interni, a una task force. Siamo l'unica Lega che si sta impegnando in una cosa di questo genere e crediamo che per noi sia una questione di vita o di morte. È importante evitare che si delegittimi tutto, perdendo così di credibilità. 

Mi chiedo come mai dall'altra parte del mondo si interessano alle partite di Lega Pro?
Contraffare una partita di Serie A costa una certa cifra, contraffarne una della Lega Pro meno, contraffarne una di giovani ancora nettamente meno. Poiché adesso si gioca su tutto, è evidente che l'attacco al mondo giovanile è fortissimo. Inoltre, quando la partita è meno importante ci sono meno riflettori, e si pensa che la corruzione sia più facile. In ogni caso parliamo di milioni di euro che girano, non di piccole cifre. Il business del malaffare è planetario e quindi ha bisogno che in ogni minuto (non è un'esagerazione) si possa giocare. 




I club e, in particolare, i presidenti sono consapevoli di quest'aspetto: collaborano?
Vi è una totale collaborazione, che diventa essenziale specialmente nella fase di prevenzione. Infatti, nel caso in cui dovessimo verificare il giorno prima che ci sono giocate anomale, informiamo immediatamente sia la task force del Ministero degli Interni che i dirigenti affinché intervengano e rendano esplicito ai giocatori e a tutti quelli della partita che è in atto un meccanismo di contraffazione. E questo è un deterrente. 

A proposito dei presidenti, è capitato spesso che si sia investito, nel rilevare Club di Lega Pro, con l'obiettivo di salire in Serie B o addirittura in Serie A, mancato il quale si è scelto di abbandonare e quindi in molti casi anche di fallire. La nuova classe di presidenti è consapevole del proprio ruolo sociale, che le piazze dei campionati di prima e seconda divisione rappresentano spesso delle comunità sportive e non storicamnete importanti...
In Lega Pro non ci sono profitti, quindi, tutti i presidenti svolgono con la loro azione certamente un impegno sociale. Chi ha una società di Lega Pro deve sapere che non guadagnerà risorse da quell'attività, anche se è evidente che dovrà organizzarsi affinché non ci siano perdite. In passato si investiva nel calcio per lavorare meglio in un determinato territorio oppure perché si facevano utili nell'azienda e si potevano avere sgravi fiscali. Ora tutto ciò è al capolinea anche a causa della crisi attuale del Paese, per cui anche noi dobbiamo far vedere come attraverso un'attenta politica del sociale, del marketing e della comunicazione si possono acquisire risorse. Nello stesso tempo facendo lavorare i giovani si possono abbassare anche i costi. Oramai è questa la partita aperta. 


Eccoci al marketing, leva fondamentale per rilancio: su quali iniziative vi state muovendo?
In questi mesi abbiamo cercato di posizionare in modo chiaro il profilo della Lega Pro. La Lega Pro è territorio, insediamento, città. È la Lega dei comuni d'Italia, dei giovani e dei valori. Abbiamo firmato un accordo con il CSI e con gli oratori italiani, per riportare ragazzi e ragazze allo stadio, e avviato adozioni a distanza e altre iniziative di solidarietà. Inoltre, abbiamo potenziato gli strumenti di marketing. Abbiamo migliorato il nostro sito, perché se vogliamo essere la Lega dei giovani dobbiamo comunicare attraverso i nuovi mezzi tecnologici; abbiamo lavorato molto per una presenza forte per quanto riguarda l'esposizione tv delle nostre partite; abbiamo fatto un accordo con la RAI. Al posticipo del lunedì si aggiunge ora l'anticipo del venerdì, e un accordo con diverse emittenti locali per la valorizzazione del nostro prodotto. Dopodiché siamo aperti a tutti gli strumenti che consentano non solo di lavorare sulle sponsorizzazioni, ma di lavorare in partnership, per far crescere i servizi e la qualità del nostro calcio e delle nostre società. 

Per lavorare in partnership, occorrerebbe che i presidenti siano pronti a cedere una fetta di gestione delle attività di marketing alla Lega Pro, in modo che possiate gestire i rapporti con investitori di livello istituzionali e nazionale per pianificare una presenza su più piazze contemporaneamente.
Dipenderà molto da noi, dalla nostra capacità di creare i progetti e di portarli a compimento. Il problema non è chiedere loro di cedere un po' di spazio, semmai chiedere loro un lavoro in sinergia, di vedere come insieme si riesce a fare molto di più di quello che ognuno riesce a fare da solo. Credo che ciò sia possibile. La disponibilità c'è, molto dipende da noi e dal mercato che adesso attraversa una fase veramente di depressione. Ma bisogna farlo con delle proposte competitive. La crisi ridisegna le gerarchie nelle imprese, tra le Nazioni e quindi anche nel calcio. Ecco perché guardiamo alla crisi come ad un'opportunità e non ci ripieghiamo su noi stessi per piangere sulle disgrazie. 

Chiudiamo sulla questione delle risorse, per voi vitali, provenienti dalla normativa relativa ai diritti televisivi, avete trovato un accordo sulla parte riguardante la famosa quota del 10% di solidarietà, legata alla legge Melandri?
La legge Melandri dice che il 10% di quanto introitato dalla Serie A va distribuito alle Leghe sottostanti, che sono danneggiate dall'esposizione eccessiva in tv delle partite di serie A. Lo scontro è stato fortissimo perché non si voleva tener conto dei diritti della Lega Pro. Abbiamo allora dovuto portare la questione davanti al TNAS, che ci ha dato ragione. Inoltre, anche il lavoro fatto tra le Leghe, ha portato alla consapevolezza che la crisi obbliga a ragionare e a lavorare insieme. Ora siamo quasi al punto conclusivo e stiamo lavorando perché si possa arrivare alla firma definitiva. La base iniziale da cui è partita tutta la controversia era che il 7.5% andava alla B. Noi abbiamo chiesto il 4%, poi bisognerà discuterne e si vedrà. La A e la B devono sapere che la Lega Pro è per l'accordo, ma se si tira troppo la corda questa si rompe. Noi abbiamo necessità di risorse finanziarie (che ci sono dovute da tempo) per i club. La A e la B avrebbero seri problemi a cui rispondere per l'oggi e ancor più sull'operato del passato. Chi ha saggezza la usi! 

Fonte: SponsorNet.it



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