martedì 12 novembre 2013

LA CLAUSOLA COMPROMISSORIA DELLA FIGC (cd. VINCOLO DI GIUSTIZIA SPORTIVA). INQUADRAMENTO GENERALE



Com’è noto, in via generale l’ordinamento italiano qualifica la clausola compromissoria alla stregua di disposizione contrattuale che permette di devolvere a soggetti arbitri eventuali controversie intervenute, con riferimento al negozio giuridico nella quale essa è contenuta.
Per ciò che in tal sede interessa, la clausola compromissoria adottata dalla FIGC (cd. vincolo di giustizia sportiva) impone ai tesserati, all’atto del tesseramento, la rinuncia ad adire la giustizia ordinaria per tutte le controversie inerenti l'attività sportiva, rimettendosi al giudizio dei competenti organi competenti previsti dalla federazione stessa.
Ed invero, l’art. 30, comma 2, dello Statuto Federale dispone infatti che “i tesserati, le società affiliate e tutti i soggetti, organismi e loro componenti, che svolgono attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale o comunque rilevanti per l’ordinamento federale, hanno l’obbligo di osservare il presente Statuto e ogni altra norma federale e degli organismi internazionali a cui la FIGC è affiliata. I soggetti di cui al comma precedente, in ragione della loro appartenenza all’ordinamento settoriale sportivo o dei vincoli assunti con la costituzione del rapporto associativo, accettano la piena e definitiva efficacia di qualsiasi provvedimento adottato dalla FIGC, dalla FIFA, dalla UEFA, dai suoi organi o soggetti delegati, nelle materie comunque riconducibili allo svolgimento dell’attività federale nonché nelle relative vertenze di carattere tecnico, disciplinare ed economico […]. Il Consiglio Federale, per gravi ragioni di opportunità, può autorizzare il ricorso alla giurisdizione statale in deroga al vincolo di giustizia. Ogni comportamento contrastante con gli obblighi di cui al presente articolo, ovvero comunque volto a eludere il vincolo di giustizia, comporta l’irrogazione delle sanzioni disciplinari stabilite dalle norme federali”
La presente disposizione acquisisce maggior pienezza di significato se letta in correlazione all’art. 15 del Codice di Giustizia Sportiva, che, nell’enucleare le sanzioni correlate alla violazione dell’art. 30, co. 2 Statuto FIGC, dispone che “ i soggetti tenuti all'osservanza del vincolo di giustizia di cui all'art. 30, comma 2, dello Statuto federale, ove pongano in essere comportamenti comunque diretti alla elusione e/o violazione del predetto obbligo, incorrono nell'applicazione di sanzioni non inferiori a:  a) penalizzazione di almeno tre punti in classifica per le società; b) inibizione o squalifica non inferiore a mesi sei per i calciatori e per gli allenatori, e ad anni uno per tutte le altre persone fisiche. Fatte salve eventuali diverse disposizioni, in ogni caso, in aggiunta alle sanzioni sopra indicate, deve essere irrogata una ammenda”.
Dalla lettura del combinato disposto di tali norme, di tutta evidenza di appalesa la portata dirimente del cd. vincolo di giustizia, posto invero quale baluardo dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, in ottemperanza all’art. 2 della legge 280/2003.
Avuto riguardo al dettato normativo, pare utile in conclusione fare cenno ad una pronuncia giurisprudenziale che ha di fatto sancito la legittimità costituzionale di tali disposizioni con riferimento al diritto di azione e difesa riconosciuto dall’art. 24 Cost. ed al principio del monopolio statale, sancito dall’art. 102 Cost.
In specie, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 21006 del 27 settembre 2006, partendo dall’assunto secondo cui il fondamento dell’autonomia dell’ordinamento sportivo è da rinvenire nella norma costituzionale di cui all’art. 18 – concernente la tutela della libertà associativa -, nonché nell'art. 2 Cost. - relativo al riconoscimento dei diritti inviolabili delle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità del singolo -, ha avuto modo di specificare che il vincolo di giustizia non comporta rinuncia a qualunque tutela. Ciò poiché l'ordinamento pone in essere un sistema, nella forma dell'arbitrato irritale ex art. 806 cod. proc. civ., che costituisce espressione dell'autonomia privata costituzionalmente garantita.

Avv. Nicola Schellino


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