venerdì 17 aprile 2015

Vincolo sportivo dilettanti: la sentenza del Tribunale di Verbania




L’impatto delle motivazioni contenute nella sentenza di recente resa dal Tribunale Civile di Verbania
in sede di appello, in merito alla legittimità del vincolo sportivo nei dilettanti, è stato così forte che il Presidente della FIGC – Lega Nazionale Dilettanti, Felice Belloli, procederà a richiedere l’intervento del CONI ed affronterà la questione internamente alla stessa FIGC.
Prima di tutto, però, è opportuno sgomberare il campo da equivoci potenzialmente derivanti da facili strumentalizzazioni.
La sentenza resa dal Tribunale Civile di Verbania, ai sensi del codice civile, una volta passata in giudicato, fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa.
In altre parole, la statuizione espressa dal predetto Tribunale non può riverberare sic et simpliciter i suoi effetti in favore di coloro che si trovino nella medesima situazione di fatto dell’attore in giudizio, risultato vincitore della querelle giudiziaria, ma è produttiva di effetti solo ed esclusivamente nei confronti delle parti coinvolte.
Dichiarare - come purtroppo ho letto - a chiare lettere “nullo” un qualsiasi contratto sportivo siglato dai genitori e contenente un vincolo a carico del minore sino ai 25 anni di età, senza specificare quanto sopra premesso, a mio avviso rischia di distorcere la realtà dei fatti, prim’ancora che stravolgere un principio codicistico, ed ingenerare di conseguenza false e facili aspettative in capo a ragazzi e famiglie.
Ciò non toglie che la portata di tale sentenza, o meglio, della motivazione incidentalmente fornita dal Tribunale di Verbania, apra scenari fino a poco tempo fa difficilmente pronosticabili, nonostante l’azione giudiziale intentata dal padre – azione di natura esclusivamente civilistica - abbia avuto ad oggetto la restituzione della somma indebitamente consegnata all’associazione calcistica per ottenere lo svincolo e non la condotta illecita posta in essere dal dirigente dell’associazione.
I fatti.

Vincolo e altri problemi 

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Nel 2012, la Virtus Villa, squadra per cui è tesserato il sedicenne Alessandro Balducci, decide di non iscriversi al campionato di appartenenza.
Il ragazzo avanza quindi richiesta alla società per ottenere lo svincolo (presumibilmente ex art. 108 NOIF) ma si sente rispondere che per vedersi restituire il cartellino avrebbe dovuto corrispondere una somma di denaro peri ad euro 1.500 (va segnalato che in situazioni di tale genere non è dato comprendere quale sia il reale soggetto beneficiario della somma, visto che accade non così raramente che tale denaro vada a rimpinguare direttamente le tasche del dirigente sportivo di turno, senza sfiorare le casse societarie). Il padre, pur resosi conto che la condotta del dirigente non è proprio conforme ai principi di giustizia sportiva - per usare un eufemismo - consegna la somma di denaro richiesta al solo fine di consentire al figlio di poter continuare a giocare a calcio in un’altra società.
Dopodiché, lo stesso padre decide di promuovere una causa civile avanti il Giudice di Pace di Domodossola, avv. Crapanzano (il Giudice di Pace è competente per materia in tutte le vertenze aventi ad oggetto una somma di denaro inferiore ad euro 5.000 ndr) che viene impugnata avanti il Tribunale di Verbania. Quest’ultimo, in qualità di giudice di appello, condanna la società sportiva a restituire alla famiglia del calciatore la somma indebitamente ottenuta ed a rifondere le spese di lite sostenute dalla famiglia sia in primo che in secondo grado.
Di certo, la portata della motivazione della sentenza, che riconosce come non valido un contratto – pur sottoscritto dai genitori - che vincoli un minore fino all’età di 25 anni, obbligando quindi nel caso di specie l’associazione sportiva a restituire la somma ottenuta per svincolare il ragazzo, potrebbe consentire il moltiplicarsi degli atti di citazione avanti al Giudice di Pace od al Tribunale (in base alla somma versata) territorialmente competente per ottenere la restituzione della somma corrisposta alla società sportiva in cambio dello svincolo.
Naturale che, per ottenere una pronuncia di favore in sede giudiziaria, l’attore in giudizio dovrà necessariamente provare l’intervenuta dazione di denaro.
Detto questo, allargando il discorso, il problema concreto della realtà calcistica dilettante, a mio avviso, non sta tanto nella possibilità che taluno possa adire le vie giudiziali per poter ottenere la restituzione di quanto indebitamente versato, ma piuttosto nel fatto che tale somma venga richiesta dalle società alla stregua di prassi invalsa e che il genitore, volente o nolente, si trovi costretto a versarla.
Ritengo che le istituzioni dovrebbero concentrare i loro sforzi principalmente per prevenire simili condotte da parte delle società che, in taluni frangenti, giungono addirittura ad assumere profili di rilevanza penale, per tacere ovviamente delle evidenti e ripetute violazioni del Codice di Giustizia Sportiva.
In conclusione, dunque, la sentenza resa dal Tribunale Civile non condanna la richiesta di denaro posta in essere dal dirigente ma piuttosto pone in evidenza che tale corresponsione non aveva ragion d’essere perché avvenuta con riferimento ad un contratto privo di validità giuridica dall’origine.
In attesa di prese di posizione da parte della Lega Nazionale Dilettanti, le famiglie che si trovano in circostanze analoghe, avendo versato somme di denaro alle società per vedersi svincolare il proprio figlio, potranno dunque adire le vie giudiziali facendosi forti della sentenza resa dal Tribunale di Verbania, pur consci che il Giudice investito della questione potrà liberamente rigettare le richieste, discostandosi per qualunque ragione dalle motivazioni addotte dal richiamato Tribunale piemontese.


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