giovedì 28 aprile 2011

Giocare per vincere o insegnare a competere?

Nelle attività dello sport giovanile di squadra è diventato quasi abituale assistere a squadre dirette come se fossero professionisti, con la vittoria come obiettivo primario che condiziona sia la direzione delle gare che il lavoro settimanale degli allenamenti. L’alternativa a questo modo d’intendere la formazione sportiva dei giovani non è quella di praticare uno sport ricreativo e sociale in cui tutti siamo uguali, ma semplicemente di praticare uno sport in cui vincere non è la priorità. E’ mia opinione che assieme ad insegnare ai nostri giocatori tutti gli elementi tecnici e tattici, altro obiettivo prioritario deve essere di insegnare a competere.
Cosa intendo per insegnare a competere?
Imparare a dover competere con se stessi, gustare il desiderio di migliorarsi. Abbiamo bisogno di sapere proporre ai bambini le sfide individuali che portano alla necessità di sforzarsi per ottenere qualcosa che si desidera. Sforzo fisico ma anche mentale. Dobbiamo ricordarci di non dare loro tutto di già pronto e preconfezionato. E’ necessario che essi stessi attivino i processi per comprendere come poter superare le azioni della difesa avversaria o d’imparare come muovere i piedi correttamente per raggiungere gli obiettivi che si prefiggono. Dobbiamo aiutarli ad avere fiducia in se stessi, a migliorare la loro autostima. Superare una difficoltà da se stessi con  uno sforzo fisico o mentale, fare un canestro o un gol, recuperare un pallone, vedere la reazione da parte dei compagni  o ricevere dall’allenatore un rinforzo positivo, aiuta i giovani più delle grida e dei rimproveri.
Non siamo tutti uguali. E’ giusto che dobbiamo mettere la squadra al di sopra dell’individualità, ma è anche la realtà in ogni sfera della vita che ci indica che non è negativo che i bambini conoscano il livello di ciascuno. Essi non sono stupidi: quando incominciano a giocare in gruppo, a partecipare alle prime partitelle o alle famose sfide tra compagni si passano la palla tra loro soltanto chi di già possiede la forza o la tecnica per tirare ad un canestro o dentro una porta. E’ compito dell’allenatore fare in modo che i migliori diventino il punto di riferimento all’interno del gruppo. Non soltanto “il più bravo” ma anche chi riesce a sforzarsi di più, chi presta più attenzione, chi aiuta di più i compagni. Tutti debbono avere il desiderio di migliorare e l’allenatore deve mantenere lo stesso livello di esigenza con ognuno. Naturalmente è fondamentale che l’allenatore dimostri nei fatti di avere fiducia nelle possibilità di miglioramento di ogni singolo giovane atleta e di credere veramente che tutti i giocatori sono importanti per la squadra.
Siamo una squadra. Nel senso che siamo un gruppo che, conoscendo le proprie differenze, lavora insieme per raggiungere determinati obiettivi. Dobbiamo crescere nel farci carico degli errori degli altri, dobbiamo imparare che è necessario collaborare di più per conseguire qualcosa che ci soddisferà tutti. Abbiamo bisogno di trasmettere l’idea che il contributo di ciascuno è essenziale, se qualcuno sbaglia, tutti sbagliamo. E’ qui dove possiamo dare importanza ai dettagli, alle piccole cose che ti fanno ottenere qualcosa di grande. La corretta esecuzione di un semplice gesto tecnico può essere la differenza tra un passaggio che ti porta a realizzare un canestro, un gol o una meta e vincere o perdere una partita.
Il rispetto è un valore essenziale. La squadra avversaria o l’arbitro non sono nostri nemici. Durante la partita dobbiamo avere degli obiettivi chiari. Uno di questi è vincere, ma non può essere il solo. Dobbiamo continuare a fare costantemente le correzioni sui concetti su cui si è lavorato durante la settimana e in ogni partita dobbiamo focalizzare l’attenzione dei bambini su tre o quattro idee: cerchiamo di recuperare 15 palloni; in attacco facciamo il dai e vai; facciamo tre passaggi prima di tirare; etc. ecc Gareggiamo contro un avversario da rispettare e dobbiamo mantenere sempre un atteggiamento sportivo. L’arbitro è un aiuto, non un problema. I bambini molte volte subiscono i nostri comportamenti dentro il campo. Se l’allenatore durante tutta la partita protesta per le decisioni dell’arbitro nei bambini si genera un’attitudine aggressiva che si proietterà verso gli altri bambini e verso l’arbitro.
Se insegniamo a competere, di sicuro aumenteremo le possibilità di vincere le partite e contemporaneamente faremo conseguire piccole vittorie individuali che aiuteranno la formazione dei nostri piccoli giocatori come persone.



di Pietro Comitini documento del Centro Studi Sportivi DEPA di Palermo Italy tratto dalla pagina Facebook



Visita la pagina Fcebook

Nessun commento:

Posta un commento