lunedì 18 novembre 2013

RAPPORTO TRA GIURISDIZIONE STATALE E CLAUSOLA COMPROMISSORIA F.I.G.C.



Procedendo con l’analisi della clausola compromissoria di cui all’art. 30, co. 2 Statuto Federale F.I.G.C., è opportuno ora approfondire questione quanto mai attuale, concernente la possibilità da parte di un tesserato di adire la giurisdizione statale, in particolar modo qualora egli sia persona offesa da un reato.
Avendo in precedenza già analizzato la normativa in materia, al fine di far luce sulla vexata quaestio, occorre osservarne l’applicazione giurisprudenziale ed i limiti in specie posti.
Una tra le pronunce più dirimenti in materia è senza dubbio costituita dal parere della Corte Federale della F.I.G.C., pubblicato su C.U. n. 5/CF del 23/04/1996. 
In estrema sintesi, tale fattispecie riguardava un calciatore che, colpito da un avversario nel tunnel di accesso agli spogliatoi, aveva chiesto l'autorizzazione ad adire le vie legali in deroga al cd. “vincolo di giustizia”, autorizzazione negata dal Presidente Federale. Nel contempo, però, il violento aggressore veniva condannato in sede penale per il reato di lesioni personali di tal ché la persona offesa ricorreva avanti il Tribunale in sede civile per ottenere il risarcimento del danno patito.
Tale scelta causava l’immediata instaurazione di giudizio disciplinare da parte della Procura Federale per violazione dell'art. 24 (poi divenuto art. 27, oggi art. 30) dello Statuto. La Corte Federale, cui era stata richiesta l’interpretazione autentica della norma, concludeva evidenziando che la violazione del così detto “vincolo di giustizia” era da considerarsi esclusa soltanto nelle ipotesi in cui fossero stati denunciati fatti di rilevanza penale procedibili d'ufficio, in relazione ai quali non può dirsi sussistente il contrasto tra l'ordinamento statuale e quello federale.
Nel periodo successivo all’emissione di tale pronuncia, i giudizi disciplinari si rivelavano particolarmente incerti nell’esito.
La svolta successiva intervenne ad opera degli organi di giustizia costituiti presso il C.O.N.I., i quali, dalla metà degli anni 2000, iniziarono ad occuparsi con frequenza del sindacato circa le decisioni emesse dagli organi di giustizia endofederali.
In particolare, la Camera di Conciliazione e Arbitrato per lo Sport presso il C.O.N.I., prima, ed il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport presso il C.O.N.I., poi, hanno fornito una lettura ancor più elastica ed ampio del cd. “vincolo di giustizia”, giungendo ad escludere dal divieto tutte le fattispecie aventi rilevanza penale, indipendentemente dalla loro procedibilità d’ufficio (denuncia ed esposto) o su impulso di parte (querela). 
Sul punto, una fondamentale pronuncia è costituita dal lodo del 16 marzo 2009 (Setten / F.I.G.C.), con cui la Camera di Conciliazione ed Arbitrato per lo Sport del C.O.N.I. ha statuito che “la materia penale, infatti, è da ritenersi certamente sottratta alla giurisdizione domestica del diritto sportivo, che è priva di potestas iudicandi; e pertanto non ha nessun strumento coercitivo per offrire e garantire una tutela […]; se la materia penale è sottratta alla cognizione degli organi federali non si spiega l’esigenza, o addirittura l’obbligo, di richiedere a essi l’autorizzazione a rivolgersi al giudice ordinario: subordinare l’esercizio dell’azione penale all’autorizzazione del Consiglio Federale vorrebbe dire porsi in contrasto con i principi di uno Stato costituzionale, come chiaramente esplicitati agli artt. 24 e 25 Cost. L’art. 30 comma 2°, dello Statuto Figc, che disciplina il “vincolo di giustizia”, mantiene intatta tutta la sua portata e validità nell’ambito dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, riconosciuto e favorito dalla Repubblica, ma si infrange laddove impatta con la materia penale, e quindi con reati che, a prescindere dalla loro azionabilità per querela di parte o di ufficio, impongono l’intervento esclusivo del giudice ordinario”. 
Il richiamato orientamento è stato successivamente ribadito dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport, che, con lodo del 4 ottobre 2010 (Andrea Guerra / F.I.G.C.), ha avvalorato la correttezza dell’orientamento tracciato con il lodo Setten / F.I.G.C. (conforme anche T.N.A.S - lodo 31 marzo 2011), sancendo che il vincolo di giustizia sportiva “deve ritenersi circoscritto alle materie conosciute o conoscibili dagli organi federali, in quanto di competenza della Federazione in forza di norme federali, non potendo, di contro, ritenersi operante ove la tutela possa essere esercitata esclusivamente in sede penale”.
Ciò precisato, occorre purtroppo dar atto che l’ormai univoco e consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi in seno agli organi di giustizia costituiti presso il C.O.N.I. non è stato ancora compiutamente recepito dalla F.I.G.C., tanto che spesso si ha notizia di deferimenti a carico di tesserati causati dalla proposizione di denuncia-querela da parte del tesserato nei confronti di altro consociato. E’ evidente che tale situazione comporta ingiustificato pregiudizio in danno dei diritti degli stessi tesserati, i quali si trovano da una parte nell’impossibilità di ottenere tutela nelle opportune sedi, non potendo gli organi federali valutare le condotte penalmente rilevanti ed eventualmente di sanzionarle nei termini di legge, mentre dall’altro lato, proponendo atto di querela, corrono il serio rischio di essere immediatamente deferiti dalla Procura Federale con conseguente instaurazione di procedimento disciplinare.
L’analisi relativa alla asserita violazione del vincolo di giustizia sportiva esercitata attraverso proposizione di atto di querela, con specifico riguardo alla fondatezza dei - purtroppo - conseguenti deferimenti, sarà oggetto di successiva specifica trattazione da parte del sottoscritto.


Avv. Nicola Schellino

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