martedì 17 giugno 2014

Vincolo sportivo: aggiorniamoci.




La tanto attesa sentenza n. 6258/2013 emessa dal TAR LAZIO, Sezione Terza Quater, non ha purtroppo modificato in alcun modo lo scenario del calcio italiano in ordine alla delicata questione del vincolo sportivo dilettantistico, poiché – com’è noto - il Tribunale Amministrativo romano si è
limitato a rigettare il ricorso dichiarandolo in parte improcedibile ed in parte inammissibile.
Ciò con buona pace di coloro che riponevano molte speranze in questa pronuncia.
Nel Novembre del 2013 l’Associazione Italiana Calciatori ha promosso una campagna di sensibilizzazione volta ad ottenere una revisione (o meglio ancora abolizione) delle norme relative al vincolo sportivo dei giocatori dilettanti tesserati presso la FIGC.
Oltre a tale pregevole iniziativa, va segnalato che, nel recente febbraio, una rappresentanza politica (guidata dal primo firmatario, il deputato Filippo Fossati) ha ritenuto opportuno formulare un’ interrogazione parlamentare alla Camera dei Deputati “affinché vengano presi dei provvedimenti per rivedere il “vincolo sportivo” nel calcio dilettantistico e pensare ad un progressivo abbandono di questo meccanismo per calciatori e calciatrici dilettanti e affinché sia resa definitivamente libera l’attività sportiva degli atleti, come, del resto, già succede nella stragrande maggioranza degli stati europei”.

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A tale interrogazione ha risposto Graziano Delrio, all’epoca Ministro per gli affari regionali e le autonomie con delega allo sport (oggi Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri), il quale chiedendo alla FIGC l’istituzione di un tavolo tecnico tra tutte le componenti, ha evidenziato come il vincolo sportivo calcistico fino all’età di 25 anni mostra ''elementi di criticità o di illegittimità evidenziati alla luce del diritto e della giurisprudenza europea e nazionale”. Ed ancora, l’ex ministro ha sottolineato che ''appare difficilmente contestabile l'affermazione che il vincolo porti in concreto a limitazioni anche forti sulle scelte future degli atleti dilettanti (...) Da un lato l'esistenza del vincolo può essere compresa fino al compimento della maggiore età, dall'altro risulta altrettanto evidente che subito dopo si interviene in una fascia di età cruciale per il futuro professionale e amatoriale del calciatore''.
La problematica del vincolo sportivo, peraltro non solo limitata al calcio ma estesa alla totalità delle Federazioni Sportive Nazionali, assume oggi particolare interesse se solo si evidenziano i diversi profili di illegittimità costituzionale (a titolo esemplificativo e non esaustivo, ricordo la dubbia compatibilità di tale istituto con il diritto ad esprimersi liberamente nelle formazioni sociali sancito nell’art. 2 Cost.), di contraddizione con la normativa comunitaria ( riferimento particolare alla libera circolazione dei lavoratori, art. 48 UE), senza dimenticare la profonda antitesi con i contenuti della Carta Olimpica, tra i cui principi si rinviene che la pratica sportiva “è un diritto dell’uomo ed ogni individuo deve avere la possibilità di praticare uno sport in base alle proprie necessità”.
In antitesi si attesta l’opinione di coloro che ritengono sussistente la legittimità del vincolo sportivo in ambito dilettantistico. Essa trarrebbe origine proprio dalla sua funzione essenziale al mantenimento del sistema dell’associazionismo sportivo, ovvero assicurare la giusta remunerazione a quelle associazioni che investono nella formazione dei giovani. Procedendo su tale prospettiva, l’assenza del vincolo sportivo, e per l’effetto la possibilità di recedere ad nutum dal rapporto senza l’eventualità per l’associazione sportiva di origine di ottenere la corresponsione di un’indennità, costituirebbe un forte ostacolo all’investimento nella promozione dello sport giovanile, non tanto in ottica di potenziale lucro derivante dalla gestione dell’associazione sportiva, quanto piuttosto sotto l’aspetto della copertura dei costi che la pratica sportiva inevitabilmente impone.
Alla luce di quanto sopra, si appalesa la necessità di contemperare le opposte esigenze, senza ledere alcun diritto ovvero limitare la libertà di ciascuno nell’esercizio della pratica sportiva dilettantistica. Una riforma di tal fatta inevitabilmente richiederebbe un’analisi complessiva della problematica e dunque in primo luogo la necessaria revisione del sistema dei premi e degli indennizzi previsti in caso di trasferimento di atleti giovani non professionisti, al fine di tutelare altresì il contrapposto interesse legato alla giusta e necessaria valorizzazione dell’attività posta in essere per la difesa dei vivai calcistici.

Avv. Nicola Schellino


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