La tanto attesa sentenza
n. 6258/2013 emessa dal TAR LAZIO, Sezione Terza Quater, non ha
purtroppo modificato in alcun modo lo scenario del calcio italiano in
ordine alla delicata questione del vincolo sportivo dilettantistico,
poiché – com’è noto - il Tribunale Amministrativo romano si è
limitato a rigettare il ricorso dichiarandolo in parte improcedibile ed in parte inammissibile.
limitato a rigettare il ricorso dichiarandolo in parte improcedibile ed in parte inammissibile.
Ciò con buona pace di
coloro che riponevano molte speranze in questa pronuncia.
Nel Novembre del 2013
l’Associazione Italiana Calciatori ha promosso una campagna di
sensibilizzazione volta ad ottenere una revisione (o meglio ancora
abolizione) delle norme relative al vincolo sportivo dei giocatori
dilettanti tesserati presso la FIGC.
Oltre a tale pregevole
iniziativa, va segnalato che, nel recente febbraio, una
rappresentanza politica (guidata dal primo firmatario, il deputato
Filippo Fossati) ha ritenuto opportuno formulare un’ interrogazione
parlamentare alla Camera dei Deputati “affinché vengano presi
dei provvedimenti per rivedere il “vincolo sportivo” nel calcio
dilettantistico e pensare ad un progressivo abbandono di questo
meccanismo per calciatori e calciatrici dilettanti e affinché sia
resa definitivamente libera l’attività sportiva degli atleti,
come, del resto, già succede nella stragrande maggioranza degli
stati europei”.
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A tale interrogazione ha
risposto Graziano Delrio, all’epoca Ministro per gli affari
regionali e le autonomie con delega allo sport (oggi Sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri), il quale chiedendo alla
FIGC l’istituzione di un tavolo tecnico tra tutte le componenti, ha
evidenziato come il vincolo sportivo calcistico fino all’età di 25
anni mostra ''elementi di criticità o di illegittimità
evidenziati alla luce del diritto e della giurisprudenza europea e
nazionale”. Ed ancora, l’ex ministro ha sottolineato che
''appare difficilmente contestabile l'affermazione che il vincolo
porti in concreto a limitazioni anche forti sulle scelte future degli
atleti dilettanti (...) Da un lato l'esistenza del vincolo può
essere compresa fino al compimento della maggiore età, dall'altro
risulta altrettanto evidente che subito dopo si interviene in una
fascia di età cruciale per il futuro professionale e amatoriale del
calciatore''.
La problematica del
vincolo sportivo, peraltro non solo limitata al calcio ma estesa alla
totalità delle Federazioni Sportive Nazionali, assume oggi
particolare interesse se solo si evidenziano i diversi profili di
illegittimità costituzionale (a titolo esemplificativo e non
esaustivo, ricordo la dubbia compatibilità di tale istituto con il
diritto ad esprimersi liberamente nelle formazioni sociali sancito
nell’art. 2 Cost.), di contraddizione con la normativa comunitaria
( riferimento particolare alla libera circolazione dei lavoratori,
art. 48 UE), senza dimenticare la profonda antitesi con i contenuti
della Carta Olimpica, tra i cui principi si rinviene che la pratica
sportiva “è un diritto dell’uomo ed ogni individuo deve avere
la possibilità di praticare uno sport in base alle proprie
necessità”.
In antitesi si attesta
l’opinione di coloro che ritengono sussistente la legittimità del
vincolo sportivo in ambito dilettantistico. Essa trarrebbe origine
proprio dalla sua funzione essenziale al mantenimento del sistema
dell’associazionismo sportivo, ovvero assicurare la giusta
remunerazione a quelle associazioni che investono nella formazione
dei giovani. Procedendo su tale prospettiva, l’assenza del vincolo
sportivo, e per l’effetto la possibilità di recedere ad nutum
dal rapporto senza l’eventualità per l’associazione sportiva
di origine di ottenere la corresponsione di un’indennità,
costituirebbe un forte ostacolo all’investimento nella promozione
dello sport giovanile, non tanto in ottica di potenziale lucro
derivante dalla gestione dell’associazione sportiva, quanto
piuttosto sotto l’aspetto della copertura dei costi che la pratica
sportiva inevitabilmente impone.
Alla luce di quanto sopra, si appalesa
la necessità di contemperare le opposte esigenze, senza ledere alcun
diritto ovvero limitare la libertà di ciascuno nell’esercizio
della pratica sportiva dilettantistica. Una riforma di tal fatta
inevitabilmente richiederebbe un’analisi complessiva della
problematica e dunque in primo luogo la necessaria revisione del
sistema dei premi e degli indennizzi previsti in caso di
trasferimento di atleti giovani non professionisti, al fine di
tutelare altresì il contrapposto interesse legato alla giusta e
necessaria valorizzazione dell’attività posta in essere per la
difesa dei vivai calcistici.
Avv. Nicola Schellino
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