COMUNICATO UFFICIALE n. 147/CFA
PUBBLICATO IL 23.06.2016
Il recente comunicato ufficiale n.
147/CFA, emesso dalla III
Sezione della Corte Federale d’Appello della FIGC, ha riportato agli onori della cronaca una pratica invalsa nel mondo calcistico dilettantistico, denominata “triangolazione” (leggi qui l'articolo)
Sezione della Corte Federale d’Appello della FIGC, ha riportato agli onori della cronaca una pratica invalsa nel mondo calcistico dilettantistico, denominata “triangolazione” (leggi qui l'articolo)
Molto brevemente, nell’anno 2015
la Procura Federale della FIGC riceveva esposto avente ad oggetto
alcuni tentativi di elusione dell’art. 96 N.O.I.F. da parte di
taluni responsabili di società dilettantistiche. Nella specie,
l’esponente riferiva la diffusione del citato meccanismo della
“triangolazione”, secondo cui una società tessera, con vincolo
annuale, un giovane di serie ovvero un giovane dilettante in società
dilettantistiche di 2a o 3a categoria, per poi trasferirlo in
prestito dopo pochi giorni ad una società di categoria superiore,
interessata ad utilizzare il calciatore. La società che tessera per
prima il calciatore corrisponde, senza obiettare, il premio di
preparazione alla società cedente, mentre la società (beneficiaria
di categoria superiore) a cui viene dato in prestito il calciatore,
utilizza lo stesso senza pagare alcuna differenza del premio di
preparazione (di importo maggiore, poiché connesso a parametri più
alti in ragione della categoria superiore). Il denunciante richiedeva
di intervenire non solo nei confronti delle società che avevano già
avviato la procedura per il pagamento, secondo i rispettivi (più
bassi) parametri del premio di preparazione, ma piuttosto verso le
società compiacenti che beneficiavano del trasferimento in prestito
provvisorio dei calciatori, ossia, le società che poi effettivamente
si avvalevano delle prestazioni sportive degli stessi.
All’esito dell’istruttoria di
primo grado, il Tribunale Federale Nazionale respingeva il
deferimento operato dalla Procura Federale.
Il giudice di prime cure
affermava che è “d’ostacolo all’accoglimento del
deferimento la
duplice considerazione che il
trasferimento del calciatore tra le due società, ancorché
intervenuto a
pochi giorni di distanza dal
tesseramento del calciatore medesimo, è stato conforme alla
normativa
esistente in materia e che la
società di prima provenienza del calciatore ha percepito dalla
società titolare del tesseramento pluriennale il premio di
preparazione”. Dunque, secondo il Tribunale Federale Nazionale,
“la relativa somma, seppur considerata da chi l’ha percepita,
inferiore all’esatto dovuto, esclude di per sé il verificarsi
della dedotta elusione del premio di preparazione, la cui effettiva
consistenza è devoluta alla cognizione della Commissione Premi della
FIGC”, questione che naturalmente esula dalla competenza
dell’adito Tribunale Federale Nazionale.
A tale decisione proponeva appello
la Procura Federale adducendo l’errata valutazione, da parte del
Giudice di primo grado, non solo delle evidenze probatorie acquisite,
ma soprattutto degli elementi costitutivi della fattispecie violativa
contestata che, qualora correttamente inquadrata, avrebbe condotto a
conclusioni di segno diverso. Ed ancora, la Procura Federale
sosteneva l’inconferenza della circostanza per cui il premio di
preparazione sia stato comunque corrisposto poichè la contestazione
mossa con il deferimento non aveva per oggetto il mancato pagamento
del
premio, né il suo (inesatto)
ammontare, bensì il fraudolento aggiramento di una norma federale. A
dire della Procura Federale, quindi, il meccanismo elusivo posto in
essere dai rapporti di collaborazione tra le due società
configurerebbe “un illecito sanzionabile di per sé, restando
fondamentalmente irrilevante la circostanza che il soggetto titolare
del diritto abbia o meno ottenuto il pagamento del premio di
preparazione”.
La Corte d’Appello Federale,
dopo aver richiamato i tratti salienti caratterizzanti l’istituto
del premio di preparazione, nel caso di specie, ha ritenuto le
risultanze dell’attività di indagine sufficienti per provare
l’accordo simulatorio posto in essere dalle due società (l’una
titolare del tesseramento pluriennale e l’altra che ha ricevuto il
calciatore in prestito), intesa intervenuta al fine di eludere la
normativa federale in materia di riconoscimento e corresponsione del
premio di preparazione di cui trattasi.
Sula scorta di tale assunto, la
Corte ha ritenuto sussistente la responsabilità dei
direttori/responsabili delle due società coinvolte in ordine alla
violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità sportiva,
ai sensi e per gli effetti dell’art. 1 bis, comma 1, CGS, in
relazione all’art. 96 delle NOIF ed ha altresì condannato le due
società coinvolte a titolo di responsabilità oggettiva per il
comportamento posto in essere dai propri responsabili ai sensi e per
gli effetti di cui all’art. 4, comma 2, CGS, modulando il periodo
di inibizione e l’ammontare delle ammende irrogate sulla base dei
riscontri emersi in seguito all’istruttoria.
Avv. Nicola Schellino
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