Cass. Pen., sez. V, n. 7536 del
15.02.2013
“L'area del c.d. rischio
consentito - integrante causa di giustificazione non codificata,
elaborata in considerazione dell'interesse primario che l'ordinamento
riconnette alla pratica dello sport - è delimitata dal rispetto
delle regole tecniche del gioco, la violazione delle quali va
valutata, in concreto, con riferimento all'elemento psicologico
dell'agente, il cui comportamento - nel travalicamento di quelle
regole - può integrare tanto la colposa, involontaria evoluzione
dell'azione fisica legittimamente esplicata, quanto la consapevole e
dolosa intenzione di ledere l'avversario approfittando della
circostanza del gioco (esclusa, nella specie, l'esimente de quo per
l'imputata che, al termine di un partita di calcio, aveva
schiaffeggiato un'avversaria, che durante l'incontro l'aveva più
volte colpita e spintonata, commettendo numerosi falli di gioco)”.
La recente pronuncia della Corte di
legittimità torna ad occuparsi di un tema particolarmente
interessante, quale l’operatività della legittima difesa in ambito
sportivo con riferimento alla portata del cd. “rischio consentito”.
Nel caso di specie, verso la fine di
una partita di calcio, l’imputata, dopo aver subito diversi falli
dalla persona offesa, reagiva in maniera veemente, colpendo
l’avversaria con uno schiaffo e cagionandole una ferita
lacero-contusa al labbro superiore.
Nel giudizio di primo grado, l’imputata
era assolta dal reato di lesioni personali perché, ritenuta
sussistente la scriminante della legittima difesa, il Tribunale
dichiarava il fatto non costituente reato.
Il Procuratore Generale presso la Corte
di Appello di Bologna, impugnando la sentenza resa dal Giudice di
prime cure, lamentava erronea valutazione del fatto e violazione
dell'art. 52 cod. pen. in quanto, secondo la giurisprudenza della
Corte di Cassazione, il fatto lesivo è scriminato se commesso
durante una tipica azione di gioco, mentre nella specie il colpo
inferto alla persona offesa aveva avuto tipiche finalità ritorsive,
nulla dimostrando che l'imputata si rappresentasse la probabilità, o
anche solo l'eventualità, che l'avversaria intendesse ulteriormente
colpirla o spintonarla.
La Suprema Corte, facendo proprie le
considerazioni del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di
Bologna, ha annullato la sentenza impugnata, rilevando che il fatto
lesivo debba ritenersi scriminato solo nel caso in cui sia commesso
durante una tipica azione di gioco, ciò che comporta l’applicazione
della causa di giustificazione integrata dal cd. “rischio
consentito”. Quest’ultimo, infatti, si configura tutte le volte
in cui l’agente ponga in essere una condotta rispettosa delle
specifiche norme
tecniche del gioco.
Qualora invece il comportamento
dell’agente violi le regole tecniche del gioco, sarà onere del
Giudice avere specifico riguardo all’elemento psicologico del
soggetto agente.
Nel caso di specie, vista la finalità
ritorsiva caratterizzante la condotta del soggetto agente, la Corte
ha ritenuto di escludere la sussistenza della scriminante della
legittima difesa, non essendosi rinvenuta nella fattispecie in esame
alcuna esigenza da parte dell’imputata di contrastare il pericolo
attuale di un’offesa ingiusta.
Avv. Nicola Schellino
Nessun commento:
Posta un commento