lunedì 20 maggio 2013

Il Rischio Consentito nell'attività sportiva




Cass. Pen., sez. V, n. 7536 del 15.02.2013

L'area del c.d. rischio consentito - integrante causa di giustificazione non codificata, elaborata in considerazione dell'interesse primario che l'ordinamento riconnette alla pratica dello sport - è delimitata dal rispetto delle regole tecniche del gioco, la violazione delle quali va valutata, in concreto, con riferimento all'elemento psicologico dell'agente, il cui comportamento - nel travalicamento di quelle regole - può integrare tanto la colposa, involontaria evoluzione dell'azione fisica legittimamente esplicata, quanto la consapevole e dolosa intenzione di ledere l'avversario approfittando della circostanza del gioco (esclusa, nella specie, l'esimente de quo per l'imputata che, al termine di un partita di calcio, aveva schiaffeggiato un'avversaria, che durante l'incontro l'aveva più volte colpita e spintonata, commettendo numerosi falli di gioco)”.

La recente pronuncia della Corte di legittimità torna ad occuparsi di un tema particolarmente interessante, quale l’operatività della legittima difesa in ambito sportivo con riferimento alla portata del cd. “rischio consentito”.

Nel caso di specie, verso la fine di una partita di calcio, l’imputata, dopo aver subito diversi falli dalla persona offesa, reagiva in maniera veemente, colpendo l’avversaria con uno schiaffo e cagionandole una ferita lacero-contusa al labbro superiore.

Nel giudizio di primo grado, l’imputata era assolta dal reato di lesioni personali perché, ritenuta sussistente la scriminante della legittima difesa, il Tribunale dichiarava il fatto non costituente reato.

Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bologna, impugnando la sentenza resa dal Giudice di prime cure, lamentava erronea valutazione del fatto e violazione dell'art. 52 cod. pen. in quanto, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, il fatto lesivo è scriminato se commesso durante una tipica azione di gioco, mentre nella specie il colpo inferto alla persona offesa aveva avuto tipiche finalità ritorsive, nulla dimostrando che l'imputata si rappresentasse la probabilità, o anche solo l'eventualità, che l'avversaria intendesse ulteriormente colpirla o spintonarla.

La Suprema Corte, facendo proprie le considerazioni del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bologna, ha annullato la sentenza impugnata, rilevando che il fatto lesivo debba ritenersi scriminato solo nel caso in cui sia commesso durante una tipica azione di gioco, ciò che comporta l’applicazione della causa di giustificazione integrata dal cd. “rischio consentito”. Quest’ultimo, infatti, si configura tutte le volte in cui l’agente ponga in essere una condotta rispettosa delle specifiche norme 
tecniche del gioco.

Qualora invece il comportamento dell’agente violi le regole tecniche del gioco, sarà onere del Giudice avere specifico riguardo all’elemento psicologico del soggetto agente.

Nel caso di specie, vista la finalità ritorsiva caratterizzante la condotta del soggetto agente, la Corte ha ritenuto di escludere la sussistenza della scriminante della legittima difesa, non essendosi rinvenuta nella fattispecie in esame alcuna esigenza da parte dell’imputata di contrastare il pericolo attuale di un’offesa ingiusta.

Avv. Nicola Schellino

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